La passione che lega tutti gli utenti di questo forum è l’informatica ovvero quella materia che, anche grazie al classico passa-parola ha lo scopo di portare la conoscenza di tutti, vecchi attuali e futuri, dei dispositivi elettronici che coadiuvano la vita quotidiana.
Come ben tutti sanno la maggior parte dei componenti che attualmente vengono utilizzati in elettronica, sono realizzati con materiali a base di silicio “drogato” ovvero del silicio purissimo che in modo più o meno random è stato addizionato dei nuclei di elementi non metallici come Gallio, Arsenico o Fosforo.
L’aggiunta di un tipo o più di questi nuclei ed in rapporti diversi premette di produrre del silicio con differente grado di purezza e dotato di conduciblità più o meno elevata ad un materiale che altrimenti di natura si può considerare come isolante.
Come si è visto nei vari anni la corsa alla miniaturizzazione è stata la principale strategia che le aziende produttrici di chip, le varie AMD, Intel, NVidia ecc, hanno perseguito nel corso degli anni.
Quando vi fu il salto dai 15 micron ai 13 tutti gridammo al miracolo, ve lo ricordate?
Adesso le normali cpu e gpu sono costruite rispettivamente a 45 ed a 55 nm ed attendiamo frementi l’avvento, tra l’altro anche abbastanza prossimo, di una successiva miniaturizzazione…
Ma quando le aziende avranno sparato tutte le cartucce, dall’ennesima riduzione del processo produttivo al cambio dell’architettura cosa si inventeranno? Ve lo siete chiesto?
Bene…si stanno già inventando qualcosa e come al solito copiato dalla natura.
Il suo nome è Carbonio.
Già da anni ci sono dei rumors che riguardano proprio un cambiamento radicale del materiale con cui vengono costruiti tutti i chip. Come al solito ci sono stati i soliti Frankestein, come chip a base proteica, fino all’imbocco della via che sembra la più promettente ma altrettanto difficile da percorrere perché sfrutta l’impiego delle nanoparticelle artificiali a base di carbonio allo stato puro meglio conosciuti come NANOTUBI e FULLERENI.
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Figura 1: Immagine del più famoso fullerene: il C60. Buckminsterfullerene
I Fullereni è la scoperta che è valsa al chimico Richard E. Smalley niente meno che il premio Nobel per la chimica e come la maggior parte delle scoperte sono stati individuati per caso, con il classico “e questo cos’è!” durante un esperimento di interazione di un laser con della grafite. In breve cercavano l’acqua ed hanno trovato l’oro!!
Di fatto è possibile dire che i fullereni sono il quarto stato allotropico del carbonio assieme al carbone, al diamante, ed alla grafite.
Qual è la differenza tra l’uno e l’altro?
Oltre al valore economico ed all’impatto estetico quelli che agiscono come discriminante in favore di uno stato all’altro a seconda sono semplicemente l’angolo, la lunghezza di legame, la disposizione degli atomi e le condizioni a cui sono stati esposti, come ad esempio la temperatura e la pressione del suolo circostante (ricordiamoci che sono tutti materiali che vengono estratti dal sottosuolo e difficilmente riproducibili artificialmente soprattutto perché non abbiamo tutto quel tempo a disposizione…..
Tuttavia si è visto che i fullereni in informatica non possono essere sfruttati a dovere a causa di numerosi fattori ricordiamoci che come visto in figura hanno una struttura sferica ed è praticamente impossibile modificarla senza comprometterla in modo irreversibile visto che sono strutture estremamente rigide (riescono a pressioni di milioni di atmosfere) e prive di una minima duttilità o malleabilità che sono peculiarità dei metalli.
Per questi motivi i nanotubi sembrano quelli che diano maggiore garanzie grazie soprattutto alla loro forma.
Come dice la parola stessa i nanotubi sono delle vere e proprie strutture cilindriche a base di carbonio e che possono essere distinti in due categorie:
• SWCNT
• MWCNT
Questi due acronimi indicano rispettivamente i Single-Wall Carbon Nanotube ed i Multi- Wall Carbon Nanotube più semplicemente i nanotubi semplici o concentrici.
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Figura2: Struttura dei nanotubi e del fullerene
Certo, l’uso di questi materiali porterebbe sicuramente ad un incremento di prestazioni con una riduzione drastica di emissione di calore e di consumo energetico, viste le loro dimensioni che in fondo in fondo sono i classici vantaggi ottenuti dalla miniaturizzazione ma in questo caso la riduzione del processo produttivo tra l’ultimo step siliceo ed il primo a nanoparticelle sarebbe di ordini di grandezza e non di decine di nm come avvenuto sin ad ora.
Purtroppo non sono tutte rose a fiori…è nota da non poco tempo che queste strutture siano molto pericolose per la salute umana si parla addirittura di cancerosità…
In definitiva allo stato attuale non ci sono ancora le tecnologie e gli strumenti per realizzare con efficienze ed in total sicurezza hardware carbon based.
Ed allora teniamoci ben stretto il nostro caro e vecchio silicio!
Shima78