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Recensione – Far Cry 3

Introduzione

Far Cry 3 sfondo - Recensione - Far Cry 3

Il tempo vola, letteralmente. Sembra ieri che ce ne andavamo allegramente in giro per la selvaggia Africa di Far Cry 2 divertendoci a far scaricare di gas il lanciafiamme solo per il puro gusto di vedere in azione il motore grafico Dunia con la sua, tuttora primatista nel mondo dei videogiochi, propagazione realistica delle fiamme. Vedere interi tratti di giungla spazzati via da spettacolari incendi, mentre si ascoltava il dolce suono dello scoppiettio delle scintille (chi vi parla nasce un po’ piromane, non fateci caso), quando tutto magari si originava da una semplice foglia che lentamente iniziava a bruciare dando poi il via ad una reazione a catena credibile e sicuramente molto bella da vedere (anche se poi all’atto pratico era fine a se stessa)…beh tutto ciò era senza prezzo. Sembra ieri pure che, mentre ci divertivamo a scatenare questi piccoli roghi, d’improvviso ci si imbatteva nei frequenti posti di blocco nemici e si iniziava a fare fuoco col fedele AK-47 per vedere lo stesso bloccarsi improvvisamente, col nostro alter-ego imbottito di pillole anti-malaria che iniziava quindi a smanettare con l’otturatore per sbloccarlo e poter riprendere a sparare. Più un complesso sistema meteorologico variabile che comprendeva pioggia, vento ed il ciclo giorno/notte, nonché alcune chicche come la possibilità di estrarre “a crudo” pallottole e schegge dai propri arti oppure di riparare al volo i veicoli danneggiati. Sembra ieri, e invece sono passati già quattro anni dall’uscita di Far Cry 2, un capitolo che con tutte queste evoluzioni e, soprattutto, rivoluzioni per il genere Sparatutto, si è decisamente distinto rispetto all’originale Far Cry, uscito a sua volta otto anni orsono, pubblicato sì da Ubisoft ma sviluppato da Crytek, che oggi come sappiamo ha fatto fortuna con Crysis. Il Dunia Engine e l’ambientazione tropicale sono ciò che lega ancora in qualche modo il vecchio Far Cry di Crytek, all’epoca vero e proprio gioiello tecnologico mosso dal CryEngine, a questo Far Cry 3 di Ubisoft Montreal. Quest’ultima infatti deciso di adottare una versione parecchio modificata del CryEngine, ideata a suo tempo da uno sviluppatore di Crytek, e di farne quello che nel frattempo è divenuto il Dunia Engine 2, forse uno dei migliori middleware dell’attuale generazione insieme allo stesso CryEngine 3 e al Frostbite 2, anche se troppo poco sfruttato (a parte Far Cry 2, l’unico altro gioco sviluppato col Dunia è James Cameron’s Avatar: The Game). E’ con queste premesse che nasce Far Cry 3, che per Ubisoft Montreal ed in particolare per il produttore esecutivo Dan Hay rappresenta una grande scommessa che punta tutto su una libertà d’azione ancora più grande, un open world ancora più vivo e dinamico e una trama tutta basata sulla follia della psiche umana, sorretta da un cast di personaggi iconici come l’antagonista Vaas.


Ci sono diversi nuovi elementi introdotti in Far Cry 3 inevitabilmente legati al progresso tecnologico degli ultimi anni, che hanno permesso ai ragazzi di Montreal di raggiungere degli standard qualitativi molto alti, che già da soli rendono il gioco (almeno sotto determinati aspetti) una, anzi la naturale evoluzione del predecessore. Innanzitutto il Dunia 2 sfrutta, come altre importanti produzioni recenti, la tecnica del motion-capture per rappresentare fedelmente su schermo volti, espressioni facciali e movimenti dei veri attori che hanno partecipato al progetto, uno su tutti il carismatico e bravissimo Michael Mando, giovane canadese che già durante i provini, come ha raccontato lui stesso, aveva convinto Ubisoft con la sua performance a creare l’intrigante e complesso personaggio di Vaas Montenegro, che nei piani originali del publisher francese non era quindi nemmeno previsto.

Le espressioni facciali realistiche sono solo il primo passo verso il probabile successo di Far Cry 3, ma prima di continuare a parlare di gradite e doverose aggiunte è il caso di soffermarsi brevemente anche sulle importanti rinunce che il team ha deciso di fare. Prima non a caso parlavamo nostalgicamente di alcuni tratti distintivi di Far Cry 2 proprio perché nel nuovo capitolo sono stati eliminati più o meno completamente. Molti saranno felici di sapere ad esempio che le armi non si deteriorano più col tempo (se vi ricordate arrivavano perfino a disintegrarsi nelle mani del protagonista), elemento questo che comunque dava al predecessore un tocco di originalità. Anche il famigerato respawn (rinascita) dei nemici senza soluzione di continuità nei pressi dei tanti posti di blocco disseminati sulla mappa è stato fortemente limitato dopo le critiche mosse dai giocatori, tant’è vero che i vari accampamenti nemici sparsi per le Isole Rook in Far Cry 3 vengono popolati dagli alleati una volta ripuliti dalla presenza ostile, il che non solo elimina appunto il vecchio problema del respawn ma rende anche queste aree dei punti di viaggio rapido utili per spostarsi istantaneamente da un capo all’altro della mappa. Anche la guida dei veicoli nel precedente capitolo è risultata ai più come una cosa “forzata” e, a lungo andare, noiosa, unita al fatto che c’era molto poco di interessante da fare nella savana al di là delle missioni principali. Da questo punto di vista Ubi ha pensato bene di rivolgersi direttamente al team interno di Reflections, storico sviluppatore della serie Driver, e così è stato riscritto da capo il sistema di guida rendendolo in generale più divertente, il che per esempio ha portato ad aggiungere, fra le nuove tipologie di missioni secondarie, anche quelle relative a gare ed inseguimenti su sterrato. A tal proposito troveremo vecchie glorie come il deltaplano, ma anche nuovi mezzi come i quad e le moto d’acqua, quest’ultime utili per spostarsi velocemente sulle limpide acque delle Isole Rook in barba alle imbarcazioni “arrugginite” che si trovavano invece sulle rive di Far Cry 2. La savana africana inoltre, popolata solamente da prede (come gnu e zebre) e non da predatori, deve aver fatto nascere dei rimpianti all’interno del team di Montreal, ed ecco dunque che in Far Cry 3 si può trovare un intero ecosistema vivo e dinamico, dove i pirati gestiscono i propri affari, gli abitanti vivono le loro esistenze e flora e fauna dominano tutto il resto, con spazio dunque sia per comuni animali da fattoria ma anche e soprattutto per creature letali, come cani rabbiosi, cinghiali, leopardi, pantere, dingo, bufali, orsi, tigri, draghi di Komodo, squali e alligatori. Questa aggiunta a sua volta è il punto di partenza per due ulteriori novità: in primo luogo le missioni di caccia, che tengono il giocatore abbastanza impegnato offrendo un buon tasso di sfida; in secondo luogo il sistema di crafting, grazie al quale si possono lavorare le pelli o gli organi degli animali per dare vita a tutta una serie di nuovi oggetti utili ad arricchire le abilità di Jason. Si possono creare portafogli e fondine più capienti con i resti degli animali, mentre tramite le foglie di specifiche piante si possono ideare veri e propri ritrovati terapeutici in grado di aumentare i sensi e le facoltà del protagonista. Queste ultime sono anch’esse una novità e costituiscono un elemento da cui ormai un gioco open-world che si rispetti non può più prescindere. Le abilità di Jason in particolare si riassumono in tre categorie generali: Ragno, Squalo e Airone. Sbloccando i “perks” del primo ramo si andranno a potenziare le abilità furtive del protagonista, cosa fondamentale in questo gioco visto che l’elemento sorpresa è ben implementato in funzione della maggior parte delle missioni (in palese controtendenza con Far Cry 2, per fortuna). Sbloccando i perk del secondo ramo si andrà invece in senso opposto, facendo diventare il nostro una macchina da guerra più resistente ai proiettili potenziando la sua salute. Sbloccando i perk del terzo ramo infine, si andranno a sviluppare maggiormente le doti da osservatore/pianificatore di Jason, che potrà dunque maneggiare con più destrezza le armi dalla distanza ed effettuare spettacolari uccisioni da punti sopraelevati. La rinnovata componente stealth vale da sola il prezzo del biglietto, come si suol dire, perché finalmente gli agguati silenziosi ai nemici sono una realtà, con un’attenta preparazione resa possibile dalla macchina fotografica di Jason, grazie alla quale si possono marcare i nemici e vedere le loro sagome anche quando nascosti, preparazione seguita potenzialmente da una serie di esecuzioni spettacolari che, se portate a termine a dovere, regalano non poche soddisfazioni machete alla mano, laddove il vecchio capitolo non permetteva infiltrazioni in territori ostili senza per forza di cose essere scoperti, anche in piena notte. In questo senso sono state fatte le dovute aggiunte al motore di gioco, che riesce ancora a garantire una simulazione fisica tale per cui si possono trascinare i cadaveri degli avversari (con l’apposita abilità da sbloccare) ma che, soprattutto, riesce a gestire un’I.A. migliorata che ci vede e ci sente abbastanza bene (con alti e bassi come vedremo più avanti). Per esempio è possibile tirare un sasso in una determinata direzione per distrarre le guardie, mentre bisogna sempre tenere d’occhio il nuovo indicatore di rilevamento che appare su schermo appena il nemico comincia a notarci. In generale il Dunia Engine 2 porta con sé poche ma buone novità rispetto alla versione precedente, fra cui: nuova rappresentazione dell’acqua, nuova I.A. come detto poc’anzi, nuovo set di animazioni, sistema di motion-capture e la cosiddetta “Illuminazione Globale”, più tutti i vantaggi delle API DirectX 11 sulla versione PC (alla fine vedremo come sono andati i test sulla nostra configurazione). Dulcis in fundo, ritorna il vasto e versatile editor che ha fatto in buona parte la fortuna di Far Cry 2, qui ulteriormente potenziato e disponibile da subito sia per PC che per console. Creare le nostre mappe personalizzate è ancora più semplice in Far Cry 3, si possono aggiungere molti dettagli in più agli scenari rispetto al passato, fra cui cascate, grotte, miniere, tombe cinesi, templi tribali e relitti della Seconda Guerra Mondiale, per rendere il paesaggio mozzafiato proprio come quello rappresentato nella campagna a giocatore singolo. A tal proposito gli sviluppatori hanno inserito una vera e propria modalità sandbox single-player nell’editor, per cui le mappe di fatto non solo saranno disponibili per il multiplayer competitivo – liberamente pubblicabili, valutabili e scaricabili – ma anche per un’esperienza single-player alternativa, con la possibilità di riempire la mappa stessa di tutti gli elementi interattivi tipici della campagna, fra cui veicoli, animali selvaggi e perfino personaggi non giocanti.


La trama di Far Cry 3 mette in scena una sceneggiatura all’apparenza scontata se si pensa alla location scelta, ovvero l’arcipelago delle Isole Rook, situato in un punto non meglio precisato fra l’Oceano Indiano e quello Pacifico, che solo andando avanti si scoprirà essere la residenza naturale di diverse antichità storiche, fra cui residuati bellici della Seconda Guerra Mondiale, misteriosi templi e perfino una tribù indigena di nome Rakyat. Il filmato di apertura mostra un gruppo di ragazzi alle prese con una vacanza da sballo in stile “Una Notte da Leoni”, guarda caso ambientata proprio in quel di Bangkok. Le allegre bevute e le battute finiscono molto presto, allorquando i nostri, dopo aver effettuato un lancio col paracadute, atterrano su un’isola paradisiaca che ben presto diventerà l’inferno in terra. La scena successiva mostra il nostro alter-ego, Jason Brody, legato dentro una gabbia di bambù insieme al fratello Grant, un ex militare, mentre ascoltano imbavagliati il discorsetto di “benvenuto” di quello che successivamente si scoprirà essere Vaas, praticamente il boss dei pirati nonché simbolo indiscusso (e dannatamente accattivante) del concetto di “follia” che permea il gioco. E’ già da queste prime battute che si può apprezzare l’utilizzo del motion-capture e di un doppiaggio italiano davvero ben realizzato, sebbene qualcuno preferirà sicuramente attivare i sottotitoli e godersi le voci originali che, come rivela lo stesso Michael Mando, sono state registrate contemporaneamente alla recitazione, garantendo così un’immedesimazione totale (per fare questo, vi basterà andare nel menu Opzioni). Gli altri personaggi che si incontreranno nel corso della storia non sono da meno: Dennis, che ben presto diventa la nostra guida per la sopravvivenza sull’isola, il “flashato” dottor Earnhardt, esperto di allucinogeni che tuttavia rivela un passato commovente e Citra, sorella di Vaas e sensuale capo-tribù dei Rakyat che diventa invece la guida spirituale di Jason aiutandolo a tirare fuori il guerriero che è in lui.

Quest’ultimo punto è cruciale per due motivi: ci fa scoprire che Jason è una specie di eletto, il prescelto destinato, a sua insaputa, a divenire un guerriero Rakyat pronto a sconfiggere l’anarchia dei pirati (ci sono anche le cosiddette “Prove Rakyat” in tal senso), e soprattutto ci introduce al concetto dei tatuaggi tribali sul braccio sinistro del protagonista, che rappresentano proprio le abilità da guerriero sbloccabili durante l’avventura, divise come dicevamo in precedenza in tre “specializzazioni”: Ragno, Squalo e Airone. Dunque la libertà d’azione che caratterizza tutto il gioco, comprese molte delle missioni principali, si manifesta in primo luogo con la possibilità di scegliere se sviluppare il personaggio in un senso piuttosto che in un altro. Chi vuole plasmare l’indifeso e impacciato Jason in un terminator duro a morire, sceglierà le abilità dello Squalo, chi vuole fare di lui un hitman infallibile e silenzioso sceglierà le abilità del Ragno e chi vuole avere tra le mani un cecchino a sangue freddo sceglierà le abilità dell’Airone. Ma non vi preoccupate; lo scegliere le abilità del Ragno, per esempio, non vi preclude affatto la possibilità di scegliere anche quelle dello Squalo e dell’Airone o viceversa, quindi anche da questo punto di vista all’utente è lasciato un ampissimo margine di scelta. La libertà d’azione però vi può anche mettere in seria difficoltà all’inizio, perché senza le citate abilità Jason è fin troppo esposto ai diversi pericoli dell’isola, fra pirati armati fino ai denti e animali selvaggi che, se avvicinati troppo, attaccano immediatamente. L’equipaggiamento di cui si può dotare il nostro eroe comprende diversi tipi di armi da fuoco (molte delle quali personalzzabili), un arco (dotabile sia di frecce normali che esplosive), granate, molotov, esplosivi C4 nonché il buon vecchio lanciafiamme e, soprattutto, il machete; quest’ultimo fa il suo ritorno in questo nuovo capitolo ma stavolta il suo valore è cruciale poiché, insieme alle armi con silenziatore, è l’unico strumento per cogliere di soppiatto i nemici senza far scattare allarmi. Nei 34 avamposti sparsi per la mappa – ognuno strutturato in modo diverso sia per posizione (li possiamo trovare sulla costa, nella prateria e nella giungla) sia per tipologie di avversari (ci possono essere normali fucilieri dotati di granate, bestioni corazzati dotati di lanciafiamme, cecchini e piromani che ci scagliano addosso molotov a profusione, nonché rabbiosi cani da guardia) – gli allarmi sono una delle prime cose di cui ci si deve occupare, perché disattivandoli prima di scatenare il panico evitiamo che i nemici possano chiamare i rinforzi. Gli avamposti, una volta “ripuliti”, diventano territorio alleato e sbloccano delle “cuccette” simili a quelle di Far Cry 2; anche qui questi piccoli rifugi fungono da punto di salvataggio, punto di raccolta di armi, medicinali ed equipaggiamenti sbloccati fino a quel momento, ma soprattutto costituiscono punti di viaggio rapido coi quali dovremo necessariamente interfacciarci per buona parte dell’avventura (per farlo basta aprire la mappa e fare doppio clic sull’icona del punto rapido che si vuole raggiungere). Quello delle Isole Rook infatti è un vero e proprio arcipelago, diviso a sua volta in due grandi isole, rispettivamente una settentrionale e una meridionale. I conti sono presto fatti: si tratta di un mondo di gioco parecchio vasto, esplorabile centimetro per centimetro visto che ci si può muovere a piedi, su quattro ruote, in aria (col deltaplano ma anche facendo skydiving) e in acqua. L’Isola Nord è quella dove c’è ancora civiltà, ed è la patria degli abitanti del villaggio di Amanaki e della tribù dei Rakyat; l’Isola Sud è invece interamente assoggettata al potere dello spietato mercenario e schiavista Hoyt, braccio destro di Vaas che possiede un intero esercito privato a sua disposizione. A proposito di esplorazione, Far Cry 3 è legato a doppio filo alla saga di Assassin’s Creed, per almeno due motivi: le 18 torri radio disseminate su tutto il territorio, che vanno scalate come i punti di vantaggio dello stesso Assassin’s Creed per mostrare poi sulla mini-mappa tutti i segreti di una determinata zona (tesori e punti di interesse ma anche e soprattutto armi gratuite presso i negozianti), e poi i celebri “salti della fede”, che però non si possono effettuare dalle torri radio stesse bensì ad esempio dalle varie cascate nascoste sull’isola, risultando sicuramente affascinanti ma anche inevitabilmente “riciclati”. E visto che parliamo di numeri, si contano un totale di 38 missioni per la sola storia principale, senza calcolare dunque che, una volta portato a termine, il gioco offre delle buone opportunità di ulteriore esplorazione e svariate missioni secondarie, dalla caccia di pericolosi predatori fino a delle prove di “pony express” dove, in un tempo limite, si deve guidare da un punto A ad un punto B per effettuare consegne speciali, più le Prove Rakyat ed alcuni mini-giochi come partite a poker, lancio dei coltelli e bevute a suon di “shottini”. Purtroppo spesso il tutto si riduce ad un mero passatempo fine a se stesso, non riuscendo di certo a suscitare quelle emozioni che invece regala senza sosta la trama. Perciò il nostro spassionato consiglio è quello di cercare di gestire la vostra personale avventura nelle Isole Rook con dei compromessi (un po’ per esorcizzare anche il fantasma di Far Cry 2) cercando di alternare magari missioni principali ed esplorazione libera in puro stile free-roaming, perché purtroppo Far Cry 3 non è un open-world a la GTA (dove “free-roaming” diventa mettere letteralmente a soqquadro una città) ma anzi tende ad assomigliare a Far Cry 2 laddove il paesaggio dopo un po’ dà un inevitabile senso di déjà-vu, salvato in parte dalla beltà grafica del Dunia Engine 2, vera colonna portante di questo FPS. Un possibile rimedio alla monotonia tipica del genere videoludico in questione è alzare il livello di difficoltà, che in Far Cry 3 significa alzare notevolmente il livello di sfida soprattutto negli scontri a fuoco. Se infatti a livello “Avventura” e a livello “Sopravvissuto” si sopravvive senza troppa fatica, specie se consideriamo tutte le abilità extra di Jason, a difficoltà “Guerriero” comincia a diventare veramente una questione di sopravvivenza e ancor più di tattica, visto anche che la componente stealth non è messa lì a caso ma in funzione proprio di un approccio più ragionato e strategico alle varie situazioni. E non parliamo solo degli incontri coi pirati, ma anche di quelli (frequenti) coi vari predatori delle Isole Rook. Vi citiamo un episodio che porta all’attenzione anche l’effettivo meccanismo di dinamicità degli eventi che caratterizza Far Cry 3: eravamo nelle prime fasi dell’avventura, in fase di semplice esplorazione dell’ambiente, quando ad un certo punto udiamo degli spari nelle vicinanze; dopo un po’ riusciamo a scovare la zona dalla quale sono partiti i colpi e notiamo due o tre pirati ormai morti e diversi draghi di Komodo vicino ai loro corpi. Infastiditi dalla nostra presenza, i rettili cominciano ad attaccarci, perciò a suon di kalashnikov e machete li abbattiamo. Una manciata di istanti, giusto il tempo di scuoiare i lucertoloni, e ce ne ritroviamo addosso quasi il doppio che, attirati dal frastuono, ci feriscono mortalmente. Ora, sebbene in questi casi il gioco eviti di essere troppo crudo (quando Jason infilza il machete nel cadavere di un animale non si vede mai concretamente l’atto in sé bensì una semplice animazione di lui che prende un “pezzo” insanguinato dell’animale stesso e lo ripone nello zaino), ci sono alcuni piccoli elementi che rendono l’atmosfera più adrenalinica e coinvolgente: ad esempio lo stesso protagonista che spesso (almeno nelle fasi iniziali dell’avventura) esclama disgustato quando si trova costretto ad estrarre “a crudo” parti di animale, oppure l’effetto “graffio” sulla telecamera quando si viene attaccati da un predatore. Se è vero infatti che questo gioco ha diversi pregi, uno su tutti è quello di saper trasmettere a chi lo gioca un profondo senso di immersione, dato da diversi fattori: la grafica maestosa innanzitutto, forte di un sistema di illuminazione da primato e di effetti speciali suggestivi (vedi quelli legati alle allucinazioni, oppure l’effetto sfocato appena si riemerge dopo un’immersione sott’acqua), poi  le sessioni di shooting ed infine il nuovo set di animazioni, che esalta semplici azioni come camminare, correre, cadere, scivolare, tuffarsi, nuotare, paracadutarsi e, soprattutto, impalare nemici ignari, sia di spalle, sia frontalmente, sia dall’alto, potendo effettuare anche spettacolari uccisioni in successione (fino a un massimo di due nemici e con l’apposita abilità da acquistare coi punti esperienza). In particolare meritano menzione gli scontri a fuoco, caratterizzati da esplosioni molto ben realizzate e da un soddisfacente feedback restituito dalle armi in fase di sparo, un po’ meno in fase di ricarica (particolarmente lenta con le armi pesanti quali mitragliatori e lanciafiamme). Il feeling in linea di massima è senz’altro piacevole e dà un senso di assoluta accessibilità, grazie alla quasi totale mancanza del rinculo in senso stretto, di cui si risente solo leggermente la presenza al contrario di quanto avviene in un Battlefield 3, tanto per citare un esempio calzante. Anche il sonoro riesce a trasmettere una buona dose di immersione, con le armi che restituiscono un output molto grezzo che però allo stesso tempo nasconde una certa “piattezza”, specie quando si usano per molto tempo sempre e solo fucili d’assalto automatici. Tutti gli altri elementi di gameplay sono comunque rimasti invariati dal capitolo precedente, per cui la salute è ancora divisa in piccoli rettangolini, ciascuno dei quali si rigenera automaticamente se non viene consumato del tutto, c’è ancora una forma di cura “rapida” tramite la pressione dell’apposito tasto che solitamente fa partire una sequenza standard in cui si vede Jason bendarsi semplicemente il braccio, mentre altre volte lo si può vedere riallocarsi un polso rotto oppure tirarsi fuori una pallottola con i denti, e non manca infine la possibilità di riparare i veicoli, ma a differenza di Far Cry 2 lo si può fare solo se si ha con sé l’apposito attrezzo (che andrebbe ad occupare uno dei quattro slot totali riservati alle armi). Insomma, che dire, Far Cry 3 è un gioco maledettamente e finalmente duro e crudo, cinico e adulto, libero e dinamico, divertente e serio, non esente tuttavia da difetti più o meno importanti tanto in single-player quanto in multiplayer. Ad esempio non si può ignorare un certo comportamento “idiota” dei personaggi non giocanti, soprattutto i pirati che possono letteralmente essere piegati al nostro volere a forza di tirare sassi a destra e a manca per distrarli, come se non ci fosse un domani (neanche si tirasse un bastone o un osso ad un cane). Abusare dell’I.A. nemica farà pure parte del piano di sopravvivenza di Jason, ma avremmo preferito a questo punto che questa nuova meccanica di gioco non fosse stata affatto implementata, visto appunto che può generare potenziali “glitch” dal momento che continuando a tirare sassi in una certa direzione si può portare una guardia di ronda ad ignorare totalmente i suoi compiti, cosa non molto credibile. Inoltre gli utenti che hanno avuto modo di giocare lunghe sessioni della campagna hanno notato una cosa che più che un “difetto” del motore grafico sembra una precisa (e tuttavia inspiegabile) volontà degli sviluppatori: stiamo parlando della quasi totale assenza di precipitazioni piovose, che se vogliamo era stato invece uno dei fattori più apprezzati di Far Cry 2; sembra infatti che, anche dopo che all’interno del mondo di gioco siano passate settimane, si riesca ad assistere ad uno, massimo due temporali, il che estremizza un po’ troppo il concetto di “condizioni atmosferiche variabili/dinamiche”. Per non parlare dei vari bug che, nonostante una corposa patch del day-one, hanno inizialmente penalizzato l’esperienza online della stragrande maggioranza degli utenti, noi compresi (analizzeremo la cosa nel prossimo paragrafo).

A dimostrazione che Far Cry 3 è uno sparatutto a 360 gradi, intervengono ad arricchire la già sostanziosa “portata principale” (rappresentata appunto dalla corposa campagna a giocatore singolo) due modalità multiplayer online, una di tipo competitivo (per un massimo di 18 giocatori) e una di tipo cooperativo (per 4 giocatori, o anche 2 in split-screen ma solo nelle versioni console), che sono state separatamente sviluppate dal team svedese di Ubisoft Massive. La modalità co-op si divide in sei missioni, anche piuttosto articolate, che ne fanno una campagna a tutti gli effetti anche se profondamente diversa da quella principale. Intanto il periodo di ambientazione è diverso, così come lo sono i protagonisti, senza contare che qui non trovate la libertà di movimento del single-player quanto piuttosto una serie di eventi scriptati, che molto spesso si traducono in una specie di modalità “orda” dove bisogna difendere un obiettivo della missione da ondate di nemici. La “trama”, ambientata sei mesi prima dell’avventura di Jason, vede i quattro scapestrati protagonisti partire armati e incavolati alla ricerca del capitano della nave mercantile dove lavoravano, in seguito alla scoperta che lo stesso capitano li ha venduti a Vaas per una grossa cifra. Basta il filmato introduttivo per capire con che tipacci avremo a che fare durante le 6 missioni: lo scozzese Callum, un giovane ignorantello e cafone che nelle sue frasi ci mette più parolacce che parole, Mikhail, serioso e taciturno sicario russo, Leonard, ex-poliziotto corrotto di mezz’età non molto in sintonia coi primi due ed infine Tisha, ex-soldatessa e sicuramente membro più assennato del gruppo.

Purtroppo questa modalità è strutturata in maniera tale che non si possa scegliere, né tantomeno votare, quale dei 6 capitoli si vuole giocare; il matchmaking in questo senso poteva essere realizzato senz’altro  un pelino meglio (stesso discorso vale per il multiplayer competitivo). A parte comunque qualche evidente “difetto di fabbrica” (per esempio anche il fatto che, quando tutti vengono eliminati e si deve ripartire dall’ultimo checkpoint, non si possa premere “Esc” per abbandonare la sessione e bisogna invece attendere la fine del conto alla rovescia durante il quale si può cambiare la propria classe), la modalità co-op funziona molto bene e regala un’esperienza di gioco che, specie se affrontata con gli amici, può risultare inaspettatamente avvincente e divertente. Per comunicare c’è sia la chat scritta che quella vocale ed il gioco di squadra è sicuramente fondamentale; si possono rianimare i compagni caduti ed anche utilizzare l’Urlo di Guerra, una specie di “perk di squadra” che può temporaneamente aumentare la salute massima dei compagni piuttosto che velocizzare il recupero della stessa. Come in ogni esperienza multigiocatore che si rispetti, bisogna giocare parecchie ore per raggiungere livelli di esperienza alti e sbloccare così Urla di Guerra ancor più efficaci, nuove armi, nuovo equipaggiamento e soprattutto nuove abilità, come portare più munizioni o più granate, aumentare la velocità di ricarica e quant’altro. Tutti gli eventuali sblocchi che farete saranno disponibili immediatamente anche nella controparte competitiva, e tal proposito i ragazzi di Massive ci hanno fornito ben 25 slot per creare le nostre personali classi/configurazioni/loadouts o come preferite chiamarle. Le classi personalizzate possono essere facilmente rinominate ed eliminate, ma la loro creazione e customizzazione è resa un tantino macchinosa anche dall’assenza di didascalie precise, niente comunque cui non ci si possa abituare in una manciata di ore. Il multiplayer competitivo dal canto suo offre invece quattro modalità di gioco: Deathmatch a squadre, Dominazione, Trasmissione, Rogo e Guerra Totale (quest’ultima è una rotazione delle 4 modalità in questione). Per le prime due non c’è bisogno di presentazioni, mentre Trasmissione e Rogo sono a loro modo delle novità. La prima è una variante di Dominazione dove dapprima bisogna catturare delle radiotrasmittenti segnalate man mano sulla mappa, dopodiché bisogna cercare di difenderle il più a lungo possibile per guadagnare punti extra. La seconda è più interessante e complessa: bisogna riuscire, e il più delle volte risulta estenuante, ad appiccare un incendio ad entrambi i depositi di carburante nemici, e bisogna farlo simultaneamente cercando al contempo di impedire agli avversari di fare la stessa cosa coi nostri due depositi. Se si riesce nell’impresa poi, bisogna precipitarsi a conquistare e difendere una torre radio, mentre tutte le vie di fuga secondarie della mappa vengono bloccate da imponenti roghi. Se si riesce a difendere la torre radio, si vince, ma se il nemico la conquista si deve ricominciare tutto da capo. Ovviamente anche in queste modalità si possono utilizzare tutte quelle funzioni rese disponibili nella cooperativa, ed in particolare si possono sfruttare caratteristiche già ampiamente sperimentate in altri sparatutto recenti. Oltre alle già citate Urla di Guerra e alla possibilità di rianimare i compagni caduti (una sola volta, se vengono eliminati di nuovo non potranno più essere soccorsi), c’è la possibilità di segnalare alla squadra la presenza di uno o più nemici con la pressione dell’apposito tasto per l’avvistamento, che però ha una durata infima e dunque risulta il più delle volte inutile. E ancora, si può chiamare (una volta sbloccato) il supporto aereo UAV, per individuare la posizione dei nemici sulla mini-mappa, e supporti più aggressivi come gas velenoso, bombe al propano e gas allucinogeno. Infine, al termine di ogni partita, il miglior giocatore della squadra vincente può decidere cosa fare del migliore della squadra perdente: ci sono tutta una serie di “mosse” sbloccabili in tal senso, tanti modi diversi per o congratularsi col nemico, o umiliarlo ulteriormente, con delle scenette anche molto simpatiche. Nel multiplayer le armi godono della stessa ampia personalizzazione del single-player, con qualche limitazione. Ad esempio le mimetiche si possono ottenere solo avvalendosi delle cosiddette “Decodifiche”, che vengono sbloccate quante più partite facciamo, mentre risultano ben bilanciate le varie abilità e perk messi a disposizione; tanto per fare un esempio, la cintura maggiorata per le granate (che consente di portarne due invece che una) occupa due slot di personalizzazione, il che preclude la possibilità di equipaggiare il perk che invece aumenta la quantità di munizioni trasportabili. In generale ogni arma ha le sue peculiarità ed è ben bilanciata in relazione al contesto: i fucili a pompa sono letali a corto raggio, ma molto inefficaci già a media distanza, i fucili da cecchino richiedono un certo tempo per prendere la mira e stabilizzarla (niente “quickscope” per gli amanti di Call of Duty insomma) e le mitragliatrici pesanti richiedono tempo per essere ricaricate; la scelta quindi finisce per premiare 9 volte su 10 i fucili d’assalto e le mitragliette SMG, viste anche le dimensioni tutto sommato contenute delle mappe. A questo proposito, di default ci sono 10 mappe multiplayer, che grazie all’editor però possono diventare potenzialmente centinaia. Se volete giocare le mappe amatoriali più in voga del momento, vi basterà entrare nel menu Playlist e da qui scegliere tre diverse tipologie di mappe “custom”: rispettivamente Mappe Bronzo (quelle appena uscite e dunque ancora da valutare), Mappe Argento (le migliori secondo le valutazioni della community) e le Mappe Oro (quelle scelte direttamente da Ubisoft). Al momento in cui scriviamo, l’opzione “Mappe Giocatori Oro” è sparita e non si capisce se verrà reintegrata o meno. Per concludere questo nostro viaggio nella “pazzia”, veniamo ai grandi difetti che purtroppo regnano in gran numero nell’online di Far Cry 3. Dicevamo prima che il matchmaking è quanto di peggiore si sia visto negli ultimi tempi, e basta farsi un giro sui forum di Ubi per capire che il malcontento è generale. Quando la stessa Ubisoft ha annunciato che non ci sarebbero stati server dedicati, avevamo riposto l’ultimo bagliore di speranza in una quantomeno decente ottimizzazione del netcode da parte degli sviluppatori. Ma a distanza di qualche giorno dall’uscita del gioco, si assiste troppo spesso a scene davvero di proverbiale “ordinaria follia”: giocatori che, per colpa del ping inevitabilmente alto che si ha il più delle volte in partita, fluttuano letteralmente all’interno della mappa come fossero degli yo-yo impazziti, altri che sfruttano a proprio vantaggio il lag selvaggio per uccidere gli ignari avversari nei modi più assurdi, giocatori che in massa abbandonano la partita nel suo pieno svolgimento perché giustamente frustrati, insomma un delirio vero e proprio, ma non piacevole come quello che caratterizza l’avventura single-player. C’è chi infelicemente giustifica il tutto minimizzando che la parte multigiocatore non è di certo quella che conta in Far Cry 3, dicendo che è solamente “di facciata”, di contorno rispetto alla campagna principale, ma qui noi vorremmo ricordare che incluso nei circa 50 euro della Standard Edition c’è anche il pacchetto multiplayer, coi suoi pro e i suoi contro. La modalità online di Far Cry 3 è davvero “nata morta”? Noi speriamo di no, perché il potenziale c’è e va sfruttato. I ragazzi del team Massive hanno fatto sapere sui forum ufficiali che sono molto dispiaciuti per quanto accaduto e quanto sta ancora accadendo, e nel frattempo hanno già rilasciato una seconda patch che dovrebbe porre fine ad alcuni bug riscontrati sia in modalità single-player che in modalità multiplayer (specialmente riguardo il matchmaking). Il futuro della modalità multiplayer di questo gioco rimane comunque piuttosto “nebuloso”, se è vero che il buongiorno si vede dal mattino.

Il Dunia Engine 2 è stato dotato per Far Cry 3 di nuove interessanti caratteristiche tecniche, legate perlopiù all’utilizzo delle librerie grafiche DirectX 11, che ne fanno un vero e proprio gioiello tecnologico. Purtroppo questo significa che oltre ad avere una grafica mozzafiato, il gioco è anche abbastanza esoso di risorse se si spingono tutti i dettagli al massimo, specialmente a risoluzioni Full-HD. Ne consegue che anche a fronte di una buona ottimizzazione e scalabilità, se si vogliono ottenere i fatidici 60 FPS (frame per secondo) stabili si deve necessariamente rinunciare ad alcuni effetti grafici, almeno per quanto riguarda configurazioni di fascia medio-alta come quella utilizzata da noi, composta da processore Intel Core i5 2500K da 3,3GHz (con overclock a 4GHz), 8GB di RAM e scheda video Nvidia GeForce GTX 670, a risoluzione 1920×1080 pixel e con driver video GeForce 310.70 Beta (ottimizzati per Far Cry 3). Prima di mostrarvi i risultati del nostro test, facciamo un riepilogo delle principali feature introdotte ad-hoc per Far Cry 3 col Dunia 2, così come riportate da Ubisoft.

Se avete dato uno sguardo anche solo veloce a questa lista, vi sarete già resi conto che non stavamo esagerando nel dire che questo gioco vuole chiaramente un PC di fascia high-end per girare ottimamente. I programmatori di Ubisoft Montreal comunque hanno fatto un lavoro davvero eccellente in fase di ottimizzazione, come dimostrano i risultati ottenuti dalla nostra config di prova. Dopo diversi test, abbiamo deciso di riassumere il tutto come nel grafico che vedete. Abbiamo cioè voluto sottolineare che, almeno con schede grafiche Nvidia, conviene decisamente abilitare l’HBAO piuttosto che l’HDAO, dato che con quest’ultimo il gioco fatica di più a girare fluido. Entrambi costituiscono due interpretazioni diverse dell’Occlusione Ambientale, un effetto grafico molto importante e presente in quasi tutti i giochi DirectX 11, che aumenta il realismo delle ombre in base all’Illuminazione Globale. Andando in ordine di “qualità”, abbiamo:

Il consiglio che vi diamo comunque è di giocare molto con le tante impostazioni grafiche messe a disposizione, fino a che non trovate un compromesso che vi soddisfi. L’engine poi è molto scalabile, quindi anche rinunciando a qualche fronzolo in più non noterete affatto la differenza in-game.

Se non l’aveste ancora capito, Far Cry 3 è una bomba di FPS. Come ultimo gioco uscito nel 2012 ha saputo rimettere assieme i “cocci” di una stagione videoludica che quest’anno su PC non ha visto grandi produzioni a parte Max Payne 3 e Assassin’s Creed 3. E’ il gioco che riesce finalmente a settare un nuovo standard qualitativo su piattaforme Windows, cosa che non accadeva dai tempi del primo Crysis e che recentemente si è vista solo con Battlefield 3, e non parliamo solo di grafica. Anche livello di puro gameplay infatti, questo gioco eccelle laddove Far Cry 2 falliva miseramente. Si guardino le animazioni per esempio: quando scattiamo, scivoliamo, ci tuffiamo e così via, si nota una fluidità nei movimenti del protagonista che molti sparatutto dovrebbero invidiare a questo, grazie anche ad un sistema di copertura di tipo dinamico semplice ed immediato. Il feeling con le armi e coi combattimenti poi è del tutto sui generis: infilzare in corsa o da fermi pile di nemici col machete senza mai averne abbastanza, cacciare feroci predatori col devastante arco ricurvo, aprire gabbie di orsi o tigri e lasciare che facciano il lavoro sporco, preparare agguati di ogni tipo col C4 e le mine, sfidare interi eserciti con AK-47, lanciarazzi RPG, mitragliatori e chi più ne ha più ne metta, tutto questo e molto altro ancora è inestimabile e fa indubbiamente la differenza in un gioco sandbox/open-world. Il sistema di crafting è ottimamente implementato e la caratterizzazione dei personaggi è quanto di meglio sia stato fatto fino ad oggi in uno sparatutto in prima persona, e rende la non originalissima trama decisamente coinvolgente. Certo, i difetti (come abbiamo avuto modo di sottolineare) non mancano, specialmente nella modalità online, ma è innegabile che proprio grazie alla campagna co-op ben strutturata e spassosa da giocare in compagnia, e grazie anche al multiplayer competitivo forse un po’ povero di modalità ma ben bilanciato e reso potenzialmente infinito dall’editor di mappe, Far Cry 3 diventa un acquisto obbligato per tutti gli amanti del genere, una pietra miliare che su PC vale sicuramente i “soldi del biglietto”.

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